coreografia e interpretazione Riccardo Fusiello e Agostino Riola
disegno luci Matteo Crespi
elemento scenico Claudia Broggi
produzione Sonenalé
coproduzione E45 Napoli Fringe Festival – Fondazione Campania dei festival
residenze coreografiche Studio 28 (Milano), Dance_B (Milano)
si ringrazia Puntozero Teatro (Milano), Teatro Mimesis (Trani), Zona K (Milano)
e Daniele D’Angelo
debutto Museo Madre (Napoli) – E45 Napoli Fringe Festival, giugno 2013
‘ Voglio bere ma non c’é né acqua né bicchiere’ F. G. Lorca
Il corpo di Federico García Lorca, fucilato dalle truppe fasciste spagnole e probabilmente gettato in una fossa comune, non è mai stato rinvenuto. Non si è mai potuta celebrare una veglia per il suo cadavere.
Partendo da questa nota storica, la performance ruota intorno all’assenza del corpo e al concetto di mancanza.
forEVER è una sorta di rito (un party? un funeral party?) che si compie con l’arrivo del pubblico, che partecipa interagendo con i performers, in cui si indaga lo spazio, il vuoto, che lascia e riempie, in maniera indelebile, una mancanza, un’assenza. Lo spaesamento che provoca, le possibilità che apre.
Ed è proprio nell’ultimo periodo della sua vita che in Lorca si apre una nuova visione di quella che è stata per lui un’ossessione: “ora Federico ha dunque maturato una coscienza serena della morte; ritrovato il niño di un tempo, può abbandonarsi, con la stessa candida ingenuità di questi, allo spazio che gli si apre dinanzi. Può perdersi veramente e non in un buio di tormento, ma in una luce che lo affascini.” Claudio Rendina
‘Al Napoli Fringe Festival il funeral party di Garcia Lorca’
‘…nella terza sequenza, “Forever”, più compiuta e originale, con una drammaturgia anche visiva che determina l’atmosfera della creazione. Si celebra un’assenza, quella del corpo di Lorca fucilato e gettato, probabilmente, in una fossa comune. Una sorta di rito funebre officiato attorno ad un tavolo con una tovaglia color vermiglio, imbastito per un party, con due camerieri che servono da bere al pubblico seduto a cerchio. Il vuoto di quei calici offerti, dentro i quali immergendovi le mani, i due officianti costateranno l’inconsistenza, crea uno spaesamento crescente, con una danza che, buttando via oggetti e arredi, si concentrerà attorno e dentro alla struttura del tavolo diventato evocativo di luogo misterioso, di nascondiglio, di fossa, di tomba. Di un altrove. Prima con i movimenti delle sole mani, poi con i piedi, con le gambe, quindi con tutto il corpo, i performer si caleranno alla ricerca di qualcosa, di qualcuno. Celebrando non un buio di tormento ma la scoperta di una dimensione “altra”.’
Giuseppe Distefano, Danza & Danza